Giornata mondiale per l’aiuto umanitario
Giornate mondiali / internazionaliLa valigia per Haiti
Luciana Giani, giornalista fotoreporter, corrispondente da Haiti per Fratelli Dimenticati onlus
“Sono una pessimista attiva” mi dice sorridendo Yanick. È un sorriso velato di amarezza ma non di rassegnazione quello che si legge sul suo volto. Al contrario. Yanick Lahens, figura tra le più importanti sulla scena letteraria haitiana, i suoi romanzi tradotti in tutto il mondo, potrebbe comodamente vivere una vita agiata all’estero mentre invece rimane nella sua Haiti a organizzare corsi di alfabetizzazione, finanziare biblioteche per le comunità rurali, a indignarsi per quelli che, a ragione, definisce “gli aiuti della carità”. E lo dice con cognizione di causa perché ha vissuto il terrore che il 12 gennaio 2010 ha sconvolto la sua sfortunata isola. Racconta: “immagina 400.000 tonnellate di TNT scaricate su uno spazio geografico che concentra il 35% di una popolazione di nove milioni di abitanti, ossia tre milioni di anime. Il 10% di questi tre milioni spariti in meno di 40 secondi. Il numero dei feriti circa 250.000 e un milione di persone senza casa. Non dimenticherò mai il silenzio che regnava a Port-au-Prince in quei giorni. Il silenzio di una città ridotta in polvere dove camminavano solo fantasmi.” Sai quale è il mio ricordo più nitido di quei giorni, Yanick? Lo sguardo di una ragazzina a cui avevano amputato un braccio. Mi fissava con dolcezza, quasi volesse consolare me. Non lo dimenticherò mai. E poi la dignità, il coraggio di questo popolo tanto provato che scavava a mani nude tra le macerie in cerca di sopravvissuti. E le lunghe file di uomini, donne, bambini, sotto un sole impietoso, che aspettavano pazientemente la distribuzione di qualche genere di prima necessità. Hai ragione a parlare con sdegno di “carità”. Si sono riversate, subito dopo il sisma, circa 10.000 ONG da tutto il mondo, e questo ha reso Haiti il paese con la più alta concentrazione di organizzazioni umanitarie per abitante. Ognuna con una propria “missione”, nessun coordinamento, caos totale. Come se non bastasse, c’è stata una vera e propria corsa per accaparrarsi, a prezzi esorbitanti, case miracolosamente rimaste in piedi nonostante la tremenda scossa facendo in questo modo aumentare, in maniera vertiginosa, i prezzi di locazione, così come i prezzi dei prodotti alimentari nei supermercati sono saliti alle stelle. Per non parlare delle auto di lusso con cui sono soliti viaggiare. Siamo arrivati al punto che un giornalista americano mi dice, sorseggiando un caffè, che a New York la vita è meno cara rispetto a Port-au-Prince. È questa la solidarietà internazionale che meritavano gli haitiani? Sono questi gli aiuti umanitari?! Un sacco di riso, una tenda, un po’ d’acqua distribuita in maniera sporadica servono a ridare speranza e un futuro a un popolo ferito a morte da una tragedia immane come quella avvenuta il 12 gennaio 2010? Sono fermamente convinta di no. Credo, invece, quando si parte per una missione umanitaria, che le cose indispensabili da mettere in valigia siano una buona dose di rispetto, di altruismo, di umanità. Senza aspettarsi nient’altro, come ricompensa, se non il sorriso di un bambino affamato cui porgi un piatto di cibo. Non sono tante le persone che hanno fatto di questa generosità la loro filosofia di vita. Noi, fortunatamente, l’abbiamo trovata in Carole, la direttrice dell’orfanotrofio “Soutien aux Enfants en Difficultes”. L’abbiamo conosciuta con i suoi 40 bimbi per strada, nelle tende, perché il sisma aveva seriamente danneggiato la casa che ospitava i piccoli orfani. Abbiamo subito apprezzato la tenacia, il coraggio di questa donna nell’affrontare prove così dure come quella di riuscire a sfamare quotidianamente i suoi 40 bambini. E abbiamo deciso di aiutarla. Fratelli Dimenticati già dal 2010 ha iniziato a inviare fondi per sostenere le spese per l’acquisto degli alimenti necessari ai bimbi e siamo arrivati, oggi, al terzo anno di sostegno all’orfanotrofio.
È una immensa gioia vedere questi piccoli crescere, venirmi incontro festosi, alzare le braccia al cielo per essere presi in braccio…ma ci vorrebbe la dea Kali per abbracciarli tutti contemporaneamente. Sono bimbi sereni grazie all’amore materno che Carole dedica ad ognuno di loro, anche se la maggior parte di loro ha patito veri e propri incubi che nessun bimbo al mondo dovrebbe subìre. Storie orribili come quella della bambina dodicenne venduta dal fratello ad un amico e violentata ripetutamente. Quella della ragazzina ferita a colpi di machete dal padre. Il piccolo Sonson abbandonato dalla madre perché affetto da colera. Gli orfani del terremoto che mi raccontano come hanno visto morire le loro madri, i loro fratellini. I bimbi affidati a Carole dall’Istituto del Benessere Sociale (l’equivalente dei nostri servizi sociali) che arrivano all’orfanotrofio scheletrici, all’ultimo stadio della denutrizione dopo un periodo di vita randagia per strada. Casi come questi necessitano di attenzioni particolari rispetto alla dieta abituale dei bimbi, hanno bisogno di integratori, vitamine, medicinali… ma far quadrare il bilancio e provvedere al fabbisogno di ogni singolo bimbo è cosa dura! Ed è un grosso cruccio per Carole. Mi ripete in continuazione: “non scordare di chiedere agli amici italiani un aiuto per comprare il latte vitaminizzato”. Poi c’è Jennifer, 14 anni, violentata da sei uomini e arrivata all’orfanotrofio in avanzato stato di gravidanza. Ha partorito una bambina lo scorso 16 luglio e abbiamo deciso di chiamarla Victoria, vittoria del bene sul male perché, anche se frutto di una orrenda violenza, è una splendida bimba. Nell’orfanotrofio di Carole è al sicuro, non dovrà patire né fame né sete perché il profondo senso d’umanità di Fratelli Dimenticati la ninnerà costantemente.