Sorella Erika – Carichì (Sierra Tarahumara, Nord Messico)

Come suora e ora anche come maestra, una delle grandi fortune che ho è quella di accompagnare la vita di bambini e adolescenti nel periodo in cui frequentano la scuola. Arriviamo a voler loro molto bene. Ognuno ha una storia unica, è un suolo sacro, proprio come dicono le Sacre Scritture in Esodo 3:5. “E grazie ad ogni vita si impara così tanto che credo che alla fine dei conti sono io l’eterna apprendista e loro i miei migliori maestri di vita.”

Sto insegnando spagnolo nella nostra classe di terza media. Stiamo lavorando sui temi liberi e ho pensato che un buon metodo per esercitarsi a scrivere fosse quello di realizzare un testo sulla propria vita, non come autobiografia, ma raccontando un fatto significativo su qualcosa che si è vissuto. In questo modo avrei anche risolto il problema della copiatura di un testo qualsiasi trovato in internet. Non avevo considerato quali ripercussioni avrebbe avuto lo svolgimento di questa traccia sugli alunni, e ovviamente neanche su di me. Sono state lezioni molto intense; leggere le vite e gli accadimenti di molti di loro mi ha portato ad ammirarli ancor di più e a voler loro ancora più bene. Li considero coraggiosi, perché nonostante le molte avversità sono qui, cercando di costruirsi un futuro migliore. Questo mi ha permesso di vedere chiaramente che il sostegno dei loro genitori o degli adulti è determinante nella loro crescita e nella capacità decisionale.

Oggi voglio condividere con voi la storia di Saúl, un adolescente di quattordici anni. Il suo è un caso atipico: è un ragazzo che non aveva frequentato le nostre scuole dall’inizio. È arrivato alla fine di settembre di quest’anno scolastico. E, ad essere onesta, è arrivato nel momento meno opportuno, visto che già avevo difficoltà con altri adolescenti frequentanti la terza media. Stavo terminando di parlare con i genitori di alcuni di loro quando si è presentato lui. Si dice che la prima impressione non si dimentica mai: è arrivato con dei pantaloni larghissimi, una maglietta nera con delle stampe tetre, per niente belle alla vista, e con i capelli lunghi fino al mento, che mi impedivano di vedergli gli occhi. Il mio primo pensiero è stato che probabilmente avrebbe fatto a botte con qualche mio alunno. Ma mi ha detto che era venuto per vedere se lo avremmo accettato a scuola. È in quel momento che ho potuto vedere i suoi occhi profondi color caffè. Saúl parla con lo sguardo. In quel momento ho scoperto il suo viso da bambino, da adolescente. Nel tempo in cui abbiamo parlato si è mostrato determinato e sicuro nelle risposte che mi dava e desideroso di continuare a studiare. Infatti, pensava che avrebbe perso il secondo anno di scuola media, visto che aveva smesso di frequentare le lezioni. La grazia di Dio e l’affetto che provo verso questi ragazzi mi hanno fatto dire di sì, come dico alla maggior parte di loro: “Se lo desideri, noi siamo qui per sostenerti.” E lui ha accettato.

Vi allego un frammento di ciò che ha scritto nel suo tema, intitolato “Un riassunto della mia vita”:

“Per me non è stato facile scrivere a proposito della mia vita. Ho voluto raccontarne una parte con mio fratello. Siamo in un’età nella quale parlare delle nostre cose non è facile, soprattutto quando queste cose sono tristi e dolorose, però penso che tutto questo mi aiuterà.

Tutto ebbe inizio il 2 ottobre 2009, quando nacqui a Cuauhtémoc. In quel periodo la mia famiglia era composta da mia mamma, mio fratello maggiore Gonzalo, di otto anni, e mia sorella Karla, di un anno. Tutto andava bene fino a quando ho compiuto quattro anni. Frequentavo l’asilo mentre mio fratello maggiore cominciava a lavorare in montagna. Non guadagnava molto, però riusciva a comprarsi ciò di cui aveva bisogno e ad aiutare la mamma con i beni di prima necessità, visto che mio papà non contribuiva più con le spese domestiche, lasciandole a carico di mio fratello.

Quando mio fratello compì quindici anni, ebbe un litigio molto forte con mio papà, che maltrattava la mamma. Dopo questo fatto, mio papà cominciò a bere molto e mio fratello iniziò ad assumere varie droghe. Successivamente, un signor “x” cominciò a frequentarlo, prima portandolo con sé al lavoro in diverse parti della regione, e poco a poco, come succede in queste situazioni, lo fece “entrare in brutti giri”. Mio fratello era triste, non era ciò che desiderava, però quello che accade non sempre corrisponde ai nostri desideri. Se ne andò, dicendo a mia mamma di prendersi cura di sé stessa e di noi e che avrebbe fatto tutto il possibile per tornare a casa.

Grazie a Dio tornò. Era molto felice; nostra sorella minore aveva pochi mesi di vita, un altro motivo di felicità per tutti noi. Arrivarono i sedici anni di mio fratello. Sfortunatamente, il giro di amicizie non era dei migliori e in quegli ambienti si viene colpiti da vortici che lentamente ti fanno affondare. Nel momento in cui desideri uscirne è già troppo tardi: ti obbligano a commettere atti illeciti, e ogni gesto porta ad un altro sempre più grave. A diciassette anni sentiva già che la situazione era fuori controllo. In quel periodo mia mamma stava già con il mio patrigno, che chiamo papà, perché ha saputo guadagnarsi questo appellativo.

Un giorno mio fratello mi invitò ad andare alla sala giochi. Stavamo camminando per strada quando arrivarono loro e lo portarono via. Io corsi verso casa, senza avere idea di cosa sarebbe successo poi. Più tardi arrivarono i miei genitori, dicendomi che saremmo partiti immediatamente. Non capivo molto. Quando arrivammo all’ospedale, mia mamma mi disse ciò che era successo: avevano ferito mio fratello e purtroppo morì, non riuscimmo a vederlo in vita. Lo seppellimmo a Pasigochi.

Volevo molto bene a mio fratello. Eravamo molto uniti. Mi portava a passeggiare, alla biblioteca pubblica, guardavamo film insieme, ci vestivamo allo stesso modo, aiutava mia mamma. Da un certo punto di vista era come un padre per me. Lo ammiravo molto.

Questo avvenimento ha cambiato completamente la vita di tutti noi, non parliamo della mia. Ci trasferimmo nella città di Chihuahua, dove frequentai la terza e la quarta elementare. I miei genitori lavoravano dove potevano. La quinta elementare la feci a Tajirachi, dove vivemmo con la famiglia di mio papà (patrigno). La sesta elementare la feci nella scuola primaria pubblica di Carichí. La prima e la seconda media le frequentai alla Secondaria Tecnica. Già a quei tempi la mia condotta non era delle migliori: tendevo ad essere molto violento e andavo a caccia di guai facilmente. Dicevo: “Non mi piace fare a botte senza motivo.”

Come era prevedibile, i miei voti non erano per nulla buoni. Non facevo i compiti o i lavori scolastici, alcuni perché non avevo proprio modo di farli, molti altri per disobbedire e, a dire il vero, perché non ero molto motivato a svolgerli. Smisi di andare a scuola. Il secondo anno delle medie non lo terminai proprio bene. Pensavo che mi avrebbero bocciato. Un mio vicino, amico mio, mi disse che aveva frequentato la Yermo, l’altra scuola secondaria del paese. “Lì ti daranno un’opportunità e ti insegneranno a essere una persona migliore”, mi disse quell’amico. E ora sono qui. Sto frequentando il mio terzo anno di scuola secondaria, con molti alti e bassi, però con il desiderio di essere un alunno, un compagno e una persona migliore.

Svolgere questo lavoro non è stato per nulla facile, sebbene sia stata come una sorta di terapia. Mi è servito per comprendere cose che non avevo mai approfondito. Ho capito che le amicizie sono determinanti nelle vite delle persone e che non tutte sono positive. L’altro grande insegnamento è che, nonostante mio fratello non abbia preso le migliori decisioni, ho capito che cosa non voglio per la mia vita, perché ho già visto come vanno a finire certe cose. Questo è solo un riassunto della mia storia. Con impegno, mi sto sforzando per avere persone migliori al mio fianco e per poter raccontare in futuro un altro capitolo della mia vita che abbia altre tonalità.”

Questo è il prodotto di un lavoro elaborato da lui e migliorato da me nelle espressioni, nelle parole, nei sinonimi, ecc. però rappresenta fedelmente ciò che ha scritto nella sua prima brutta copia.

Saúl è un ragazzo che ha molte capacità di apprendere e di dare. È un leader. Anche se ha un passato difficile, è nobile. Vuole migliorare, andare avanti. Non è facile, soprattutto quando le circostanze e alcune delle persone che ti sono attorno non aiutano. È facile instaurare un rapporto con lui: ti parla sempre dicendo la verità. Il suo sguardo è espressivo e molto comunicativo. Lavoriamo lentamente e pazientemente, però con amore e speranza. Tutte noi docenti facciamo del nostro meglio per guidarlo, così che riesca a scoprire il suo potenziale e che possa prendere decisioni migliori.

Grazie a Fratelli Dimenticati e al vostro grande sostegno, che contribuisce a farci accogliere questi adolescenti. Rappresentano altre forme di povertà, però a volte la povertà morale è la più recondita e la più difficile da sradicare. Grazie a tutti quelli che fanno parte di questa fondazione. Per la vostra generosità, adolescenti come Saúl vi ringraziano.

 

Fray Cristhian – Nicaragua

Lo scorso anno mi è stato affidato l’apostolato di dirigere la scuola San Francesco di Assisi a Diriamba, Nicaragua. È stata per me un’opportunità per addentrarmi nel mondo dell’educazione. Un po’ alla volta sono cresciuto nel mio servizio a favore dell’infanzia nicaraguense. Ognuno di loro ha un grande numero di virtù e con il loro cuoricino nobile sanno essere grati per le opportunità di crescita umana e spirituale che qui ricevono.

La maggior parte dei nostri bambini vive in quartieri che non sono in condizioni idonee a una crescita, uno sviluppo, sano e adeguato. La criminalità delle bande imperversa, mancano luoghi di aggregazione sicuri e spazi di incontro come parchi, aree verdi che aiutino lo “stare insieme”. Le stradine in tempo di pioggia si trasformano in focolai di infezione, si propagano le zanzare che portano malattie qui molto gravi, mortali, come la dengue.

Parlando con i genitori so che desidererebbero un lavoro migliore per poter offrire ai propri figli delle condizioni di vita diverse. Sono molti quelli che hanno dovuto abbandonare il Paese, a causa di una realtà sociale nella quale non c’è lavoro. Questo ha portato ad avere famiglie separate dove i bambini devono essere lasciati in carico ai nonni.

Abbiamo molte mamme sole che si fanno carico di mandare avanti la casa, tutte le incombenze, il sostegno e l’istruzione e l’educazione dei figli.

Alcune di queste abitazioni sono improvvisate, l’importante è avere quattro pareti e un tetto. Non c’è una zona privata per i genitori, una camera per i bambini, tutti condividono lo stesso spazio. Le carenze di acqua potabile e di servizi igienici sono un limite in moltissime delle case dei nostri bambini.

Il vostro sostegno alla nostra scuola è fondamentale. È grazie a voi che abbiamo un campo coperto, un campo da calcio per dare ai bambini una zona sicura e adeguata dove potersi divertire in varie discipline sportive, così come è grazie a voi se riusciamo a far sviluppare in loro il senso dell’arte, della cultura attraverso la poesia, la danza, ecc. in un’infrastruttura in buone condizioni.

Voi ci date l’opportunità di fornire ai nostri bambini il materiale per studiare, i libri di testo, l’attrezzatura sportiva, di adeguare l’aula di informatica, di dare una merenda, di sopperire alle rette scolastiche dei bambini poveri. Ci permettete di fornire loro le condizioni adeguate per l’insegnamento e l’apprendimento, di sostenere tutto il personale impegnato nel trasmettere a questi bambini e bambine i valori perché possano vivere in questa società e possano migliorarla.

Mi riempie il cuore dire che quando i bambini e le bambine lasciano la nostra scuola elementare e proseguono la propria avventura di apprendimento e crescita personale presso altri istituti di scuola secondaria si distinguono per la loro umanità, per la loro preparazione e per la loro capacità di contribuire positivamente alla convivenza. Il loro contributo alla creazione di un mondo migliore è qualcosa di palpabile, alcuni genitori sono ex alunni di questo centro e sono riusciti a inventarsi un lavoro e ora fanno il possibile perché i figli crescano in condizioni migliori rispetto a quelle che loro hanno dovuto affrontare.

Senza alcun dubbio, il solo pensiero che l’aiuto di Fratelli Dimenticati possa venire meno a questa scuola sarebbe un problema che noi non potremmo risolvere. L’aiuto dello Stato alla nostra scuola è pari al 17%, le rette che i genitori riescono a pagare corrispondono al 43% il restante 40% delle nostre entrate per poter mantenere in vita la scuola dipende interamente dalla generosità e dal buon cuore degli amici di Fratelli Dimenticati. Per questo confidiamo totalmente in voi perché quest’opera educativa che portiamo avanti possa proseguire con costanza e contribuire alla buona crescita dell’infanzia nicaraguense che tanto amiamo e desideriamo servire.

Fray Cristhian Eliezer Flores direttore della Escuela San Francisco de Asis, Diriamba