Il presidente, Gino Prandina, in visita ai progetti, ci scrive dal Nepal
NewsSono arrivato a Kathmandu dopo circa sette mesi dal tragico evento che ha scosso il Nepal il 25 aprile u.s.. Immaginavo di trovare una città con cumuli di macerie invece mi ritrovo a transitare per le strade senza traffico, percorse da poche macchine e pochi autobus stracarichi fin sopra i tetti, un ritorno alle antiche usanze, tutto questo non per il terremoto ma per l’ufficioso embargo che da due mesi l’India ha imposto al Nepal. Ha chiuso le frontiere, non passano alimentari, materiale da costruzione, scarseggiano gas e carburante e quant’altro necessario alla quotidianità. Sembra siano in corso accordi con la Cina per fornire il necessario, tutto questo è la conseguenza di una ingerenza politica indiana messasi a spalleggiare, per interessi molto più ampi, le rimostranze delle etnie del Tharai. Questa situazione, se non altro, ha reso l’aria della città più respirabile, meno traffico meno smog.
Vicino alla capitale c’è Patan, la vecchia città, qui gli effetti del terremoto sono ben visibili! I magnifici templi in legno e mattoni, così pure le vecchie case, lo stesso palazzo reale…sono irriconoscibili. Quello che si racconta dei villaggi in montagna sono storie ben più drammatiche.
Il 15 è stato l’ultimo giorno del Diwali, poche luci niente botti, la città è buia e deserta.