Case famiglia in Nepal
Sostegno a DistanzaDal 1997 Fratelli Dimenticati ha iniziato un importante progetto a Bharawal, villaggio del distretto di Sunsari nella pianura sud-orientale del Nepal. La popolazione vive prevalentemente di agricoltura e la principale se non unica coltivazione, era il riso, coltivato a mono raccolto. Le conoscenze della popolazione locale in merito a coltivazioni orticole, di altri cereali e in merito ad allevamenti diversi da quello bovino (ad esclusivo scopo di produzione di latte), nonché la mancanza di serie istituzioni scolastiche sono le ragioni della nascita di una scuola superiore ad indirizzo agrario.
La valutazione allora fatta si concentrava sull’unica eredità di cui avrebbe disposto la generazione futura, ossia la terra, e sull’importanza di far comprendere e apprendere la possibilità di migliori e diversi raccolti utilizzando metodologie diverse da quelle in uso.
Ad oggi la scuola è nata e cresciuta, conta 650 studenti, dalla scuola materna alla classe 10^, ed è la miglior scuola della zona, nonché la scuola più economica dopo quella pubblica (per la quale non si pagano rette scolastiche). L’elevata qualità dell’educazione a rette contenute è possibile grazie al progetto di Sostegno a Distanza che permette una differenziazione delle rette in base alle condizioni economiche delle famiglie dei bambini. Questo garantisce l’accesso indiscriminato ad istruzione di qualità sia a chi può permettersi di pagare la retta in toto, che a chi ne può pagare solo una parte, che a chi non la può pagare affatto.
Oltre alle attività scolastiche ordinarie, per gli studenti della scuola il progetto include un servizio medico che va al di là della semplice infermeria d’emergenza, una mensa meridiana per una quarantina di bambini provenienti dalle famiglie più povere della zona, e un gruppo di 44 bambini che vivono divisi in 9 case famiglia.
La realtà sociale delle zone di cooperazione di Fratelli Dimenticati vede cosa abbastanza comune l’esistenza di convitti annessi alle strutture scolastiche. In parte la cosa è riconducibile allo stile degli ex colonizzatori, ma soprattutto oggi è da attribuire alla lontananza della scuola dai villaggi d’origine degli studenti, che in assenza di convitto dovrebbero percorrere ore di viaggio per andare e tornare da scuola. Un deterrente all’istruzione!
Il villaggio di Bharawal e il bacino d’utenza della scuola in generale vede molte famiglie emigrare temporaneamente altrove in cerca di lavoro. Alcuni emigrano verso la capitale Kathmandu, altri emigrano all’estero, specialmente nei paesi arabi, per i quali trovano contratti appetibili dalle clausole scritte molto in piccolo. Finendo così a lavorare qualche anno in schiavitù per sopravvivere e riuscire a racimolare i soldi per il biglietto di ritorno.
Altro elemento importante è la mancanza di istruzione dei genitori e la mancanza di luogo e atmosfera adatti allo studio. Per lo più i genitori sono analfabeti, o comunque non in grado di aiutare i bambini nello studio pomeridiano/serale. Le case stesse spesso non permettono al bambino di ricavarsi uno spazio o di avere luce a sufficienza per poter studiare.
Data la situazione, il progetto iniziale prevedeva accanto all’istituto scolastico e alla fattoria didattica, anche un convitto maschile e uno femminile per facilitare così l’apprendimento e la crescita degli studenti.
Nel frattempo i bambini erano ospiti di ostelli a pagamento improvvisati da gente del luogo che disponeva di un po’ di spazio in casa.
Tuttavia, terminata e messa a pieno regime la costruzione dell’edificio scolastico, e venuta l’ora di affrontare il tema dei convitti, si è fatta un’altra riflessione. Molto spesso la nostra esperienza ci ha portato a notare che lo stile di vita all’interno del convitto ha alcuni difetti non trascurabili. Innanzitutto la gestione di tanti bambini lasciata ad 1 o 2 responsabili fa si che i bambini vivano in un clima da caserma militare e manchino dell’affetto e delle cure indispensabili in questa speciale e insostituibile fase della vita. In secondo luogo i bambini all’interno degli ostelli vivono per un lungo periodo in un sistema che non è più quello del villaggio, sistema al quale devono però poi ritornare, e al quale rischiano di non ri-abituarsi, o peggio ancora: di ripudiare. In terzo luogo, dopo la costruzione dell’istituto scolastico, della residenza per le congregazioni che gestiscono il progetto, era davvero indispensabile versare altro cemento in un angolo di natura non ancora contaminato? Quale esempio avremmo dato agli studenti della scuola agraria circa il rispetto della terra e della natura che così generosamente da sempre si è occupata di loro e dei loro avi?
La riflessione ha trovato pronta risposta nell’esempio proprio di alcuni addetti alla fattoria, che si stavano facendo carico di occuparsi di alcuni bambini della scuola in situazione particolarmente disagiata, alcuni erano orfani e altri semi-abbandonati. I bambini frequentavano la scuola e vivevano in un ambiente sereno e amorevole, una casa famiglia nata dalla bontà d’animo di persone che avevano a cuore il futuro dei bambini.
Da qui si sono riuniti i vari responsabili degli ostelli locali ed è stata fatta loro la proposta di accogliere i bambini indigenti che non hanno altre prospettive, e a condizione che il numero fosse ridotto ad un massimo di otto bambini per famiglia, così da garantire un adeguato follow up di ogni singolo bambino. Alcuni hanno accettato, altri no, e quelli che hanno accettato hanno formato un Comitato di autogestione del quale fanno parte anche le suore e i fratelli nostri partner di riferimento per il progetto.
Dopo un primo periodo di assestamento, durante il quale qualcuno se ne è andato, altri sono entrati. Oggi 9 normalissime famiglie ospitano regolarmente 44 bambini indigenti. Nel tempo il progetto Case Famiglia ha raggiunto risultati molto positivi. Il comitato è attivamente partecipe alle scelte d’insieme, è diventato un gruppo che sostiene gli altri membri in difficoltà, un gruppo che si incontra regolarmente per condividere problemi, difficoltà, gioie e successi. Un clima di collaborazione e lavoro d’insieme che nel luogo non ha precedenti.
Ma soprattutto un clima famigliare per i bambini, che hanno trovato dei genitori, o meglio degli amici (perché non s’intende sostituirsi alla potestà, per quanto assente questa possa essere) che hanno a cuore il loro benessere e la loro crescita. Delle famiglie che parlano di loro con orgoglio quando nelle verifiche vedono scritto un buon voto, e che si preoccupano e si prodigano ancor più quando invece i voti non sono buoni. Delle famiglie che con affetto parlano di loro come parlano di figli propri, quei figli che spesso ormai tra loro si chiamano già fratello e sorella.
Fratelli Dimenticati sin dall’inizio del progetto ha sostenuto prima i bambini che frequentavano gli ostelli, ora le case famiglia, con un contributo stabile e continuativo che ammonta a Euro 12.500,00 e che viene erogato dal comitato dopo che ogni famiglia ha presentato la propria nota spese del mese precedente e che questa è stata approvata. Ogni dubbio viene chiarito insieme dal comitato nel successivo incontro.
Nel tempo abbiamo visto molti di questi bambini diventare ragazzini, quei bambini che prima trovavamo scalzi e sporchi per le vie del villaggio, oggi hanno occhi sorridenti, vestiti puliti e abbastanza fiducia in se stessi per rispondere sfoggiando il loro giovane inglese. Non ci stupiremo di certo se domani sarà uno di loro a ospitare degli studenti nella propria casa famiglia.