26 giugno: Giornata mondiale contro la droga
Giornate mondiali / internazionaliLe vittime innocenti del narcotraffico
Quando pensiamo alla droga sono molte le immagini che subito si affacciano alla nostra mente: la dipendenza, il desiderio della sostanza sopra ogni altra cosa, oppure la ricerca del divertimento e dello “sballo” a tutti i costi, anche a quello di mettere a rischio la propria vita.
Ma c’è un altro importante aspetto del problema che molto spesso trascuriamo o, addirittura, non conosciamo, e che viene raramente citato nella campagne di prevenzione contro l’uso di sostanze. La droga, infatti, non fa male solo a chi la consuma…l’acquisto di sostanze stupefacenti arricchisce le grandi organizzazioni criminali e alimenta un commercio illegale basato sul sangue, la violenza e gli abusi nei confronti dei più deboli. Le prime vittime della droga sono tutte quelle persone che, per necessità, per costrizione o per fatalità, vengono coinvolte nel giro del narcotraffico, entrando a contatto con un mondo spietato in cui l’unica legge che vale è quella del più forte.
In Messico, negli ultimi anni, il problema del narcotraffico è diventato sempre più pressante. Dopo che, nei primi anni ’90, la Colombia ha cominciato a perdere il suo ruolo predominante nella gestione del traffico di droga nel continente americano, le organizzazioni criminali messicane (i cosiddetti “cartelli”) hanno prontamente preso il suo posto. Il Messico si trova in una situazione particolarmente strategica per il traffico di stupefacenti: oltre alla droga coltivata o sintetizzata in loco, attraverso il suo territorio passano i grandi carichi di cocaina provenienti dall’America Latina, destinati al sempre più esigente mercato statunitense ed europeo.
Inizialmente ogni cartello gestiva un suo preciso territorio ma, in seguito, sono cominciati gli scontri per accaparrarsi le zone migliori. I grandi e piccoli cartelli della droga sono in continua lotta fra loro: ogni giorno nascono nuove organizzazioni criminali, mentre altre, più deboli, vengono annientate e smembrate. Ogni cartello va alla ricerca delle terre dove può essere possibile coltivare grandi quantità di oppio e marijuana e attraverso cui è più facile e meno rischioso far passare grossi carichi di droga.
Le lotte tra i cartelli sono particolarmente cruente, e i loro membri non esitano a massacrare persone innocenti, a volte anche bambini, pur di dimostrare il loro potere e intimidire i loro avversari. Il motivo di tutto questo? I soldi, solo e soltanto i soldi. Il narcotraffico è infatti un commercio che frutta miliardi di dollari ogni anno.
Nel 2006 l’ex presidente messicano Felipe Calderòn, nel tentativo di porre fine al traffico di stupefacenti, dichiarò ufficialmente “guerra al narcotraffico”, mettendo in campo circa 50.000 soldati e varando leggi che attribuivano loro la massima libertà di azione. Questa decisione, invece di risolvere il problema, fece cadere il Messico in una spirale di violenza sempre crescente che prosegue ancora oggi. I militari, infatti, abusando del loro potere, risposero con estrema violenza alle azioni dei narcos i quali, a loro volta, intensificarono il numero di omicidi, sparatorie e azioni brutali volte ad affermare il loro potere.
Nelle “zone calde” della guerra al narcotraffico gli omicidi sono all’ordine del giorno e coinvolgono un numero sempre crescente di persone innocenti. Le stime ufficiali del nuovo governo messicano dicono che, dal 2006 fino ad oggi, ci sono state almeno 70.000 morti collegate al narcotraffico, mentre più di 26.000 persone sono scomparse senza lasciare alcuna traccia. Sono cifre impressionanti, frutto di una guerra silenziosa e terribile che non lascia ancora intravvedere nessuno spiraglio di pace.
La Sierra Tarahumara è una catena montuosa situata nel Nord-Ovest del Messico. Data la particolare conformazione del territorio, fatta di ripide montagne alternate a profondi canyon, la zona risulta molto isolata, difficile da raggiungere e da attraversare, e costituisce per i narcos un luogo ideale per portare avanti le loro operazioni illecite.
Gli indigeni Rarámuri vivono da sempre su queste montagne. Sono una popolazione molto povera, che vive quasi esclusivamente di agricoltura di sussistenza. Il governo messicano non si è mai seriamente interessato alla loro condizione e non ha mai promulgato alcuna legge che difendesse i loro diritti o che garantisse loro i necessari servizi di base. Nell’ultimo anno una terribile siccità ha colpito le regioni della Sierra, causando una fortissima scarsità di raccolti ed esponendo i Rarámuri al rischio della malnutrizione. La mancanza di cibo, la disoccupazione, la povertà e l’analfabetismo rendono sempre più precarie le condizioni di vita di questo antico popolo.
I narcotrafficanti, approfittando della loro condizione di emarginazione e della loro impossibilità ad opporre resistenza, hanno cominciato a servirsi delle loro terre per coltivare o immagazzinare sostanze stupefacenti di diverso genere, obbligando con minacce i Rarámuri a lavorare per loro o utilizzando l’inganno e la violenza per confiscare i loro terreni. Alcuni indigeni, d’altra parte, hanno scelto volontariamente di entrare nel giro del traffico di stupefacenti, considerandolo l’unico mezzo possibile per uscire dalla loro condizione di povertà.
I bambini che nascono nella Sierra trascorrono la loro infanzia immersi in un contesto in cui azioni criminali, soprusi e sparatorie sono all’ordine del giorno, e presto imparano che solo con la violenza potranno essere in grado di farsi strada nella vita. La mancanza di scolarizzazione, l’isolamento geografico e sociale e la drammatica situazione del mercato del lavoro spesso non aprono loro nessuna strada. I giovani Rarámuri sanno che non riusciranno mai a diventare dei grandi dottori, o dei politici, o dei famosi scienziati ma, se si faranno valere sugli altri, potranno magari, un giorno, diventare dei potenti narcotrafficanti. Sono ragazzi con un destino già segnato.
Attraverso il Sostegno a Distanza Fratelli Dimenticati cerca di offrire ai bambini della Sierra Tarahumara un’alternativa ad una vita nella violenza, dando a tutti loro la possibilità di frequentare la scuola. Nei centri che sono stati aperti in numerosi villaggi della zona i bambini possono ricevere un’istruzione e trovare un luogo accogliente e tranquillo in cui stare. Gli insegnanti cercano di trasmettere loro dei valori positivi, educandoli al rispetto, all’amore, alla cooperazione, affinché possano capire che una vita nel narcotraffico non è l’unica strada possibile.